21 giugno 2017, sono arrivata all’aeroporto di Malpensa per intraprendere un percorso che prevedevo durasse un anno. Qualche giorno fa si sono completati sette anni da questa decisione, che mi conferma che la casa è mobile e che Clarice Lispector aveva ragione: “se perder também é caminho” - “perdersi è anche un cammino”.
“[...] ho cercato di dissolvere la mia identità claustrofobica, modellata in un modo di esistenza che insiste nel disqualificare l'informe, l'imprevisto, l'incerto, l'instabile, l'incalcolabile della vita. Proprio con queste ricchezze, considerate scarti dalla ragione, ho cercato di costruire un rifugio esistenziale fluido, uno spazio ospitale per i miei straniamenti, che si prendesse cura delle trasformazioni che si producono nella soggettività”.
Rosane Preciosa
Essere nell’imprevedibilità, essere lentamente... un’altra idea di Clarice Lispector.
Trasferendomi, ho abbandonato l'abitudine di essere. Ho decifrato modi, maniere, ho aggiunto l'esperienza del cambiamento delle stagioni, del cambio armadio, dell'agosto che non è più freddo e pieno di lavoro, ma si una pacata pausa che i giorni fanno sotto l’ombrellone. Ho imparato vie, strategie e ho tradito la mia lingua creando una soggettività altra - nella realtà dei miei giorni passo ore a parlare (e a scrivere) in italiano.
Ma c’è qualcosa dentro che insiste, una spezia che insaporisce il mio verbo e dona accento e origine alle mie parole: il ritmo.
Che ritmo ti fa parlare?
Il ritmo è la struttura che modella la sonorità che produciamo, una sorta di cornice che delimita la voce. Va oltre la gerarchia, la causalità e il significato fisso inequivoco della parola.
Studi indicano che i bambini, molto prima di associare le parole a un significato, emettono suoni molto articolati, in un livello precedente alla significazione che corrisponde al ritmo vocale. È attraverso questo ritmo che i bambini sviluppano la pulsione di comunicare, struttura che viene chiamata chora semiotica.
È nel ritmo che abita il desiderio di esistere come ‘voce’.
Il concetto di chora semiotica è stato sviluppato da Julia Kristeva, una psicoanalista, filosofa, semiologa e scrittrice francese di origine bulgara, nota per il suo contributo significativo alla teoria letteraria, alla semiotica e alla psicoanalisi.
Kristeva descrive la chora come una dimensione ritmica e pulsionale della lingua, presente in tutti i processi di significazione e in tutte le lingue nella qualità della loro "poesia", un livello prelinguistico del linguaggio che precede il logos (il discorso razionale e strutturato).
La chora è in contrasto con la dimensione simbolica del linguaggio, che è governata dalle regole grammaticali e dalla logica.
Mentre il simbolico si occupa della struttura e del significato delle parole, la chora semiotica riguarda il ritmo, il suono e il piacere derivante dall'uso del linguaggio.
Il ritmo è anche un elemento iniziatico, radicato nella struttura dei rituali e dei miti in tutto il mondo. Maud Robart, collaboratrice di Jerzy Grotowski durante il periodo del Teatro delle Fonti, a questo proposito dice:
"Per la popolazione della vecchia Africa, il ritmo porta in sé il potere creativo dell'universo: 'In principio c'era il ritmo e il ritmo era in Dio.' E la parola creatrice era la parola ritmata di Dio. Da essa nacque la creazione. Ritmo individuale legato al ritmo dell'universo."
Il ritmo è organico, è la risposta a un elemento vivo. Entrare nel ritmo significa entrare esattamente nel grande motore della vita.
Scoprire e padroneggiare il ritmo della nostra voce non solo arricchisce la nostra capacità di comunicare, ma ci connette profondamente alle nostre radici culturali e alla nostra umanità.
Un corpo ospita suoni da essere ascoltati. Attraverso di esso transitano cadenze da sperimentare. È da questa folle biochimica di suoni e ritmi che siamo fatti. Ma viviamo sordi e senza ritmo. Liberarsi di questo coagulo significa reinvestire nel suono che sgorga forte dalla gola, che plasma un altro linguaggio, un altro modo di corpo. Ogni emissione è accompagnata da modulazioni che scuotono gli schemi del pensiero. Reintrodotto, suono e ritmo, il corpo in transizione si affeziona ad ogni tuo meandro. Invoca un'altra statura per te stesso. Riappropriati della tua carne precedentemente scolorita e flaccida, ora splendidamente incarnata.
Rosane Preciosa
Dal pensiero alla pratica
Qual’è il ritmo delle parole che leggi?
Podcast, notizie, musica... e non solo. Anche le parole scritte possiedono il loro ritmo, il loro stile unico. Esse sono il risultato di un'alternanza tra vocali e consonanti. Le vocali, in particolare, hanno una durata prolungata, che sembra quasi infinita durante la loro emissione. Già le consonanti dividono e definiscono i suoni all'interno di una parola, delineando le sillabe e i confini tra le parole stesse. Le consonanti influenzano il ritmo della frase. Consonanti più dure e accentate possono creare un ritmo più incisivo e marcato, mentre consonanti più morbide o sonore possono rendere il ritmo più fluido e melodioso.
Prendi in mano un testo che ti risuona, una poesia che ti piace… Leggilo ad alta voce. Fatto? Adesso, provare a dire SOLO LE CONSONANTI. Si, nessuna vogale. Il testo suona morbido? Quante /s/, /f/, /v/ ci sono? Quali sono le consonanti preponderanti? Adesso, torna a leggere le parole completa. C’è qualcosa di diverso?
💙 Voci da ascoltare
Questo episodio di Mele, podcast di Torcha che racconta ogni mattina uno spicchio d’attualità, spiega come mai ascoltare la musica ci fa stare meglio e ci facilita gli allenamenti sportivi. 👉La Musica ci droga 🔗.
Lungo il testo di questa newsletter puòi ascoltare la versione in portoghese delle principali citazioni.
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Per oggi è tutto! Ci vediamo a luglio!